Tecnica della carta salata

La fotografia come è noto, è un procedimento argentico. La sensibilità alla luce è data dai sali d’argento (cloruro d’argento, bromuro, ecc.) e l’immagine finale, nella fotografia in bianco e nero, è costituita da particelle di argento metallico puro.

Essenzialmente lo stampare in bianco e nero consiste nell’operazione di trasformare i sali d’argento (che sono bianchi o colore avorio chiaro) in argento metallico nero. Questa trasformazione può avvenire, essenzialmente, in due modi: o in maniera diretta, esponendo la carta sensibile ad una luce intensa, cosa che provoca l’annerimento dei sali d’argento; oppure esponendo la carta ad una luce molto più debole e provocando poi l’annerimento con lo “sviluppo”.

Il primo sistema fu di gran lunga il più praticato nel XIX secolo, mentre il secondo è il procedimento più moderno, in pratica l’unico ad essere utilizzato ai nostri giorni.

La carta ad annerimento diretto denominata “carta salata” fu il primo materiale da stampa della storia della fotografia: si tratta di una normale carta da lettera o da disegno, di buona qualità, dapprima trattata con una soluzione diluita di cloruro di sodio, quindi, una volta asciutta con una soluzione più concentrata di nitrato d’argento: si forma cloruro d’argento con un eccesso di nitrato; essa è, in altre parole, molto simile ai primi materiali utilizzati per la ripresa prima della scoperta dello sviluppo.

Il negativo viene posto in un torchio a contatto con la carta salata ed esposto alla luce solare, l’annerimento viene controllato grazie ad un dorso incernierato che permette di sollevare un lembo della carta salata per controllare la densità dell’immagine. Dopo la stampa la carta viene lavata per eliminare l’eccesso di nitrato d’argento, fissata nella soluzione d’iposolfito, quindi lavata; il colore dell’immagine è bruno-rosso.

Inutile dire che anche la carta salata ha subito molte varianti, ad esempio per ottenere colori di stampa diversi, ad opera dei vari fotografi e ricercatori.

La carta salata può agevolmente essere virata all’oro, in questo modo è possibile ottenere una vasta gamma di tonalità che vanno dal bruno-porpora al violetto (V. paragrafo dedicato ai viraggi).

Questo materiale fu utilizzato per la stampa dal 1839 al 1855/60; in seguito fu sostituita dalle carte “albuminate” e quindi dalle cosiddette “carte aristotipiche”(le due furono le tecniche più diffuse di tutto l’800), sempre ad annerimento diretto.

Essa fu ripresa nell’ultimo decennio dell’800 e nei primi del ‘900, ed utilizzato prevalentemente come tecnica di stampa “artistica”: il suo aspetto matt era molto apprezzato per la ritrattistica, e il fotografo poteva facilmente preparare il materiale nel suo laboratorio secondo le sue preferenze.